Ord Om ordet
Evige løfter
Prekenen ble holdt da Sr Ignazia, Sr Leonia og Sr Rosina avla evige løfter i Birgittasøstrenes moderhus på Piazza Farnese i Roma. Du finner en engelsk oversettelse under den italienske teksten.
Osea 22:16, 21-22 Tu conoscerai il Signore.
Efesini 1:3-14 Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà.
Marco 10:24-30 Com’è difficile entrare nel regno di Dio!
Le nostre letture ci mettono di fronte ad una apparente contraddizione. La profezia di Osea e la lettera agli Efesini proclamano che Dio è conoscibile e ci ha dato i mezzi necessari per avvicinarci a lui. La strada sembra dritta, anche facile. Nel vangelo, però, il Signore afferma: ‘Com’è difficile entrare nel regno di Dio!’ Carissime, che dirne?
La difficoltà dell’entrare non viene dalla parte del Signore. Dio è un Dio che si rivela, che desidera salvarci. La Scrittura non è altro che la storia di una epifania salvatrice sempre più esplicita. Noi, però, spesso non diamo retta alla realtà gloriosa svelandosi davanti ai nostri occhi. Per quanto sembra perverso, per quanto assurdo è, preferiamo le tenebre alla luce. E’ questa la tragedia dell’umanità, la causa della sua tristezza.
La conoscenza del Signore non è come altre conoscenze acquistate a scuola o nei libri. Queste ci vengono da fuori; quella sorge dentro di noi. Non è cerebrale. E’ essenziale. Coinvolge tutta la persona: l’anima, la mente e il corpo.
Perciò Osea compare tale conoscenza all’unione nuziale. Chi conosce il Signore si trasforma; davanti a lui, a lei, si apre una nuova dimensione di esistenza. Nozioni come ‘amore’, ‘giustizia’, ‘benevolenza’ cessano di essere soltanto belle parole; diventano energie vitali che hanno il bisogno di esprimersi. Le vicende dei profeti ne parlano. Tutti sono al momento della loro chiamata riluttanti, ansiosi, consapevoli della propria debolezza. Più conoscono Dio, invece, più si esprimono con coraggio, anche temerariamente.
San Paolo va ancora più lontano nella sua splendida lettera agli Efesini. Nessun altro scritto del Nuovo Testamento, così mi pare, esprime con tanta chiarezza la vocazione sublime del cristiano. Già prima della creazione del mondo, dice l’Apostolo, Dio ci chiamò ad essere suoi figli perché nostra stessa esistenza sia ‘a lode della sua gloria’. Ci pensiamo abbastanza? Il nostro primo dovere è di fare della vita un Alleluia incarnato. E’ questo il mistero della sua volontà che il Signore ‘ci ha fatto conoscere’.
Il Signore ci vuol stabilire in una relazione intima con lui. Vuole parlare al nostro cuore. Desidera ricapitolare in Cristo tutte le cose, cominciando con gli elementi disparati che compongono le singole vite, facendoci divenire integri e santi.
Di fronte a tanta determinazione graziosa, come può essere ‘difficile entrare nel regno di Dio’?
Le parole evangeliche vanno contestualizzate. Sono espresse subito dopo l’incontro di Gesù con il giovane ricco. Il Signore gli rivolge un invito; il giovane esita. Troppo stretti sono i legami che lo tengono attaccato a sicurezze mondane. Queste impediscono la sequela Christi. Rattristato se ne andò, rendendosi conto che non si può essere al servizio di due maestri.
L’unica condizione posta per ricevere il dono di Dio è il cuore indiviso. Se pensiamo un po’ è presupposto anche nei discorsi di Osea e di Paolo. Non si sposa a 50%; neanche si è figli a metà tempo.
Fare il dono totale di se stessi è una proposta immensa, spaventosa. Allo stesso tempo è gioiosa e liberante. Oggi abbiamo il privilegio di confermare, nel nome della Chiesa, il dono che fanno delle loro vite Sr Ignazia, Sr Leonia e Sr Rosina. Vi ringrazio, carissime, della testimonianza che voi in questo modo date. Vi esorto: rimanete fedeli alla totalità del vostro dono! E’ così che la vita religiosa diventa lieta, sciolta e feconda. Sottolineo l’importanza della fecondità. Nel Corpo Mistico, tutto è per tutti. La consacrazione che adesso riceverete è una benedizione per tutta la Chiesa. Per la vostra fedeltà, l’edificherete. Allo stesso modo, l’infedeltà di ciascuno di noi le infligge ferite sanguinanti.
Sappiamo troppo bene, nei nostri giorni, gli effetti mortiferi causati dal tradimento di tanti ministri consacrati. Tutti portiamo, piangendo, una parte di questa tragica eredità: ‘se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme’: la Chiesa è fatta così. Allo stesso tempo, ‘se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui’ (1 Cor 12:26). La Chiesa si edifica e si risana nelle scelte che facciamo, ognuno di noi, ogni giorno, nell’adesione a Cristo senza compromessi.
L’oblazione che fate ora, carissime, del vostro essere è un evento di alta importanza per la Chiesa. Vi invito nel nome della Chiesa: Trovate nelle vostre promesse solenni sempre una fonte di speranza e di forza. Siete chiamate a diffondere, per la vostra vita consacrata, ‘il profumo di Cristo’ (2 Cor 2:15). Il mondo ne ha tanto bisogno!
Voi tre fate professione come figlie di Santa Brigida e della Santa Madre Elisabeth. Erano donne di una determinazione affascinante, mosse dalla passione per il Regno di Dio, rispondendo a una chiamata fulminante, una chiamata misteriosamente legata, per ciascuna, a questa vostra casa romana. Mantenete, carissime, l’orizzonte vasto e generoso delle vostre madri — madri dal cuore allo stesso tempo contemplativo e apostolico. Condividete la loro premura per il bene della Chiesa. Vi invito in modo particolare a pregare e ad operare per i paesi nordici. All’ordine vostro è affidato questo compito speciale.
Sia la vostra aspirazione all’altezza dell’aspirazione di Dio per voi. Nel libro delle Rivelazioni di Santa Brigida, il Signore dichiara: ‘Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili’ (V.i, int. 3). Questa promessa si conferma nella consacrazione. Il Signore vi fissa oggi, qui, come una volta fissò il giovane ricco; vi fissa con amore e vi dice: ‘Ti farò mia sposa per sempre’. Il vostro Sì, dato senza riserva, una volta per tutte, sia per voi e per tutta la Chiesa, una sorgente di grazia gioiosa e vivificante oggi e sempre, fino all’ultimo vostro respiro. Amen.
English Version
Our readings confront us with an apparent contradiction. The prophecy of Hosea and the Letter to the Ephesians proclaim that God is knowable and has given us all the necessary means to approach him. The road seems straight, even easily passable. In the Gospel, though, our Lord says: ‘How difficult it is to enter the Kingdom of God!’ Dear Sisters, what are we to think of this?
The difficulty of entering the kingdom is not caused by the Lord. God is a God who reveals himself, who desires to save us. The Bible is nothing but the account of an ever more explicit saving epiphany. We, however, are too often inattentive to the glorious reality that unveils itself before our eyes. This is the tragedy of humanity, the cause of its sadness.
The knowledge of God is not like other forms of knowledge acquired at school or in books. These come to us from the outside; the knowledge of God springs from within. It isn’t cerebral, it is essential. It involves the entirety of who we are: our soul, our mind, and our body.
That is why Hosea speaks of this knowledge as a kind of spousal union. One who knows the Lord is transformed. Before him or her a new dimension of existence opens up. Notions like ‘love’, ‘justice’, ‘benevolence’ are no longer simply beautiful words; they become vital energies needing to find expression. The lives of the prophets show us this. All of them were, at the time of their call, reluctant, afraid, conscious of their frailty. The more they came to know God, meanwhile, the more they expressed themselves courageously, even recklessly.
St Paul goes further still in his splendid letter to the Ephesians. No other text of the New Testament expresses so clearly, I’d say, the sublime calling of the Christian. Already before the creation of the world, says the Apostle, God called us to be his children so that our being should be ‘to the praise of his glory’. Do we think of this sufficiently? Our primary obligation is to make of our life an embodied Alleluia. This is the mystery of his holy will which the Lord ‘has made known to us’.
The Lord wants to establish us in an intimate union with him. He wishes to speak to our heart. He desires to recapitulate in Christ ‘all things’, starting with the disparate elements that make up our lives, to make us whole and holy.
In this light of such gracious determination, how can it be ‘difficult to enter the kingdom of God’?
The words of the Gospel must be put in context. They are expressed straight after Jesus’s encounter with the rich young man. The Lord addresses an invitation to him. The young man hesitated. Too tight were the bonds that kept him attached to worldly securities. These stand in the way of the following of Christ. The young man went away sad, realising that one cannot serve two master.
The one condition for receiving God’s gift is an undivided heart. If you think about it, this is presupposed also in the expositions of Hosea and Paul. You don’t half-marry someone; nor are you a son or a daughter part-time.
To make a total gift of oneself is an immense, fearful proposition. At the same time it is joyful and freeing. Today we have the privilege of confirming, in the name of the Church, the gift which our Sisters Ignazia, Leonia and Rosina make of their lives. I think you, sisters, for your testimony. I exhort you: Be faithful to the totality of your gift! That is how your religious life will be happy, free, and fruitful. I stress the importance of fruitfulness. In the Mystical Body, everything is for everyone. The consecration you receive today is a blessing for the entire Church. By your fidelity, you build up the Church. In the same way, our infidelities break it down and inflict bleeding wounds.
We are only too aware, these days, of the deadly effects of the treason of consecrated ministers. All of us bear, with tears, a share of this tragic legacy: ‘if one member suffers, all the members suffer together’: that is how the Church works. At the same time: ‘When one member is honoured, all the members rejoice together with it’ (1 Cor 12:26). The Church is built up and cleansed by the choices we make, all of us, each day, in as much as we cling to Christ without compromise.
The oblation of your being which you make today is of great importance for the Church. I invite you in the name of the Church: Find in your solemn vows a source of strength and hope, always! You are called to spread abroad, by your consecrated life, ‘the sweet perfume of Christ’ (2 Cor 2:15). The world is in need of it!
The three of you make profession as daughters of St Birgitta and of St Elisabeth Hässelblad. They were women of astonishing determination, moved by a passion for the Reign of God, responding to a fulminating call, a call mysteriously linked, for each of them, with this Roman house of yours. Maintain, sisters, the broad and generous horizon of these mothers – mothers whose hearts were simultaneously contemplative and apostolic. I invite you in a special way to work and pray for the Nordic countries. Your order has been entrusted with this special task.
May your aspirations match the aspiration God has for each of you. In the book of St Birgitta’s Revelations, the Lord declares: ‘I have given man a heart so that I, God, who am present everywhere and incomprehensible, can by love be contained within it and so that man, conscious of subsisting in me, can draw from this unspeakable delight’ (V.i, int. 3). This promise is attested in your consecration. Today the Lord looks upon you, as he looked upon the rich man, with love, saying: ‘I shall make you my bride for ever.’ May your Yes, given unreservedly, once for all, be for you and for all the Church a wellspring of joyous and life-giving grace today and always, until your last breath. Amen.
St Birgitta of Vadstena gives the Rule to her Order, consisting at the outset of both nuns and monks. A fifteenth-century coloured-in woodcut from Augsburg.